PSALTERIONS  DU PORTAIL ROYAL (1144) DE LA CATHEDRALE DE NOTRE DAME DE CHARTRES

PSALTERIONS DU PORTAIL ROYAL (1144) DE LA CATHEDRALE DE NOTRE DAME DE CHARTRES

Dans le portail Sud de la Cathédrale de Chartres, dit Royal, il y a quatre représentations de Psaltérions.

Le premier instrument, très abimé, présente 5 cordes sur deux chevalets presque parallèles.

Le deuxième psaltérion a dix cordes, les angles entre les chevalets et les cordes de 72°

Les deux psaltérions les plus en évidence, celui du premier Vieillard de l’Apocalypse et celui de l'allegorie de la  Musique, partagent la même structure :  neuf chœurs forment avec les chevalets un trapèze régulier, les angles à la base sont de 72° [1].

Le premier psaltérion a un dixième chœur, bien caché sous le manteau du Vieillard, invisible  par le bas. 

L’autre  à neuf chœurs, bien qu’il y aurait toute la place pour y mettre un dixième. 

(Photos des instruments : www.instrumentariumdechartres.fr )

Dans la littérature médiévale on trouve fréquemment la dénomination Psalterium decachordum, tirée de l’Ancien Testament, Psaume 32. Saint Jerome (Epistula ad Dardanum) affirme que l’adjectif decachordum fait allusion à la loi morale : le Decalogue. On se demande pourquoi représenter avec neuf cordes des instruments qui habituellement en avaient dix en les mettant en plus en grande évidence dans les mains du premier Vieillard de l’Apocalypse et dans l’allégorie de la Musique représentée parmi les Arts Liberaux.  Pour répondre à cette question on doit essayer d'imaginer les différentes points de vue du public médiéval.

Les visiteurs illettrés voient les instruments et pensent à la suavité des choeurs angeliques.

Les musiciens illettrés reconnaissent les instruments et comptent les cordes : ils pensent à un erreur ou à une nouveauté dans la musique.

Les visiteurs cultivés dans les Arts Libéraux savent que le Neuf peut avoir différentes significations. 

A' ce propos, la pensée catholique orthodoxe, suivant Isidore de Séville, considérait le Neuf comme un nombre imparfait comparé au Dix (Liber numerorum qui in sanctis scripturis occurrunt 10.52.PL 83 : 190). Pythagore, qui dans le Portail Royal de Chartres siège tout près la statue de la Musique, avait consacré la perfection du Dix dans la Tetraktys. En ce cas le neuf cordes feraient allusion à l’imperfection de notre connaissance (musicale), soulignée par Musica enchiriadis (XIX,10-12) et Micrologus (XIV, 16-19).

En suivant plutôt la tradition musicale ancienne, le Neuf, dans le rapport fondamentale 9/8 est considéré  « omnium musicorum sonorum mensura communis » (Boethius, De arithmetica 2,54, CCL 94 A :224) Le rapport 9/8 est associé à la cosmologie mathématique du Timée, transmise par Cicero, Macrobius et Calcidius.  Marcianus Capella affirme que le Neuf « harmoniae ultima pars est » (De nuptiis Philologiae et Mercurii 7.741).

Du point de vue purement arithmétique, au XII siècle Magister Johannes de Séville dans son  Liber Alchorismi de pratica aritmetice, traduction du livre perdu de Muhammad ibn Musa al-Kwarizmi, présente la numération indienne. Il explique que « constat ergo unumquemque limitem 9 numeros continere », il rappelle que neuf sont les sphères célestes et neuf les chœurs angéliques [2].

Guillaume de Conches dans son œuvre  Philosophia ne donne aucune importance au Dix, alors que neuf sont les cercles invisibles du ciel (Liber II, V, 13) et neuf les mois de la gestation humaine (Liber IV, XIV,22-23).

Enfin, le luthier pourrait observer que le rapport entre la première et la dixième corde (cachée ou virtuelle) est de 3/2, la Quinte juste, le rapport  harmonique fondamental dans la théorie musicale pythagoricienne.

Ainsi, l’homme savant pouvait interpréter les neuf chœurs des psaltérions comme symbole du fondement de la divine science harmonique et en même temps de l’imperfection de notre connaissance.

 NOTES

[1] Les psaltérions postérieures, par exemple celui sculpté sur le portail sud, XIII siècle,  de la même cathédrale sont essentiellement des triangles isocèles avec les angles à la base de 45°, ce que permet à 15 cordes de se rapprocher au plus près des mesures théoriques de la gamme diatonique. Voir :  OLIVIER FERAUD (2015), Lecture croisée du monochorde et du psaltérion à travers leur reconstitution. En : L’Instrumentarium du Moyen Age. La restitution du son. Sous la direction de Welleda Muller. Paris, l’Harmattan.

[2] KURT LAMPE (2006), A twefth-century text on the number nine and divine creation : a new interpretation of boethian cosmology? en : PIMS, gen.2006.

 

 

 

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LA VIELLA DI NICOSIA

LA VIELLA DI NICOSIA

Nel 2012 iniziai a studiare la possibilità di ricostruire una Viella - un antenato medievale del nostro Violino - basandomi su iconografia siciliana. Ricordavo di aver notato alcune raffigurazioni di strumenti musicali durante una visita alla cattedrale di Nicosia (EN), così, anche approfittando del desiderio di due registi acesi, Daniele Greco e Mauro Maugeri, di girare un documentario sulla mia attività di liutaio, mi recai con loro sul luogo, dove potemmo verificare che i miei ricordi erano esatti. Sul capitello del primo pilastrino sul lato sinistro del portale centrale della cattedrale dedicata a S.Nicola si vedono scolpiti due musici. Uno di essi, acefalo e molto rovinato, imbraccia una Citola, strumento a corde pizzicate simile a una piccola chitarra, di cui si intuisce ormai solo un vago contorno, e l’altro, alla sua sinistra, pure acefalo, suona una Viella ancora perfettamente visibile. I miei due ottimi amici, entusiasti quanto me per la scoperta, decisero di incoraggiarmi e di aiutarmi a continuare le mie ricerche documentandole con fotografie e video professionali. Proseguimmo così alla volta di Messina e di Palermo, dove potemmo raccogliere altre testimonianze sulle Vielle: due sculture nelle rispettive cattedrali delle due città e un dipinto sul soffitto ligneo del palazzo dello Steri. Mentre i registi iniziavano a confezionare un vero e proprio documentario con le riprese effettuate, che vide la luce l’anno successivo col titolo di “SUONI D’OC”, io mi diedi da fare per iniziare lo studio e la ricostruzione della mia Viella.

Iniziai ad esaminare attentamente tutte le testimonianze trovate: tre del periodo compreso fra 1350 e 1380 e una, quella di Messina, del secolo successivo. Alla fine mi resi conto che la testimonianza più attendibile era proprio la prima da cui ero partito, ossia la piccola scultura della Cattedrale di Nicosia. Vi si vedono perfettamente raffigurati tutti gli elementi decisivi: il contorno “a otto” della cassa, i fori di risonanza, la cordiera, il ponticello, il manico e le corde. Unica pecca, la mancanza del cavigliere, andato distrutto nel tempo. Decisi che per questo particolare sarei ricorso al modello visibile nelle pitture dello Steri, coeve al portico di Nicosia, anche se la Viella colà raffigurata era ovale e non “a otto”. Superato questo scoglio dovetti stabilire le dimensioni da dare allo strumento e ricorsi al solito calcolo delle proporzioni tra esso e il corpo del suonatore. Arrivai a definire un oggetto del tutto simile a un Violino attuale per lunghezza e per diapason, ma con la cassa un po’ più larga e profonda. A questo punto bisognava scegliere il legno, anzi i legni e mi decisi per una bella tavola di Abete bianco spessa 4 cm. da cui intagliare il blocco Manico/Tavola armonica/Fasce laterali e una tavoletta da 1 cm. di Cipresso per il fondo. Qui urge una sosta per spiegare una particolarità che contraddistingue l’arte liutaria medievale da quella attuale. Nel Medioevo si usava scolpire lo strumento da un unico pezzo di legno quasi per intero. Negli strumenti a fondo curvo si usava scavare in un unico blocco la cassa e il manico, aggiungendo poi la tavola armonica. Negli strumenti a fondo piatto o lievemente incurvato si poteva procedere anche al contrario, scavando in un solo pezzo manico e tavola armonica e applicando poi il fondo. Entrambi i procedimenti sono accertati in sede storica, ma su tipi diversi di strumenti. Io propendo per applicare il secondo procedimento ogniqualvolta sia possibile e anche questa Viella è stata fatta così. Diversamente, nella liuteria classica e moderna, il Violino viene assemblato incollando le varie parti lavorate separatamente: tavola e fondo scavati, manico con cavigliere e riccio, fasce piegate a caldo ciascuna in tre pezzi giuntati con rinforzi interni in Abete. Così dopo un po’ di giorni di intenso lavoro ottenni la mia ricostruzione della “Viella di Nicosia”, non ancora verniciata ma pronta per comparire nelle ultime scene del documentario. Montai le corde in budello: doppio cantino, altre due corde a distanza di quinta e ottava dalla prima e infine una corda fuori dalla tastiera come si vede chiaramente nella scultura. Questo particolare è interessante: la corda esterna serviva per accompagnare l’esecuzione con un pizzicato o, suonata con l’arco, fungeva da bordone, visto che, per il suo spessore, difficilmente poteva essere tastata. Altra particolarità: lo strumento è sprovvisto di “anima”, quel cilindretto di legno che, in tutti gli strumenti ad arco dal 1500 ad oggi collega internamente la tavola col fondo, raddoppiando quasi l’intensità delle vibrazioni, poiché per i secoli del medioevo non è in alcun modo documentata. Il suono dunque risulta più diffuso e smorzato, adattissimo per accompagnare il canto, cosa molto apprezzata all’epoca dai Trovatori. Lo strumento era pronto ma senza vernice appariva rustico e non finito, però il suono era già bello. Nel corso del Duecento e del Trecento la verniciatura e la colorazione dei legni in liuteria non erano ancora pratiche affermate, spesso una mano di olio di mandorle veniva considerata sufficiente. Mi incoraggiai a suonare la Viella per la scena finale del documentario e così si concluse la prima parte del lavoro. L’anno seguente il film partecipò a diverse rassegne e ricevette un riconoscimento europeo in Slovenia. Io portai lo strumento in Francia al festival TROBAREA di musica medievale a Grasse (Nizza) e alle Journées de musiques anciennes di Venves, Parigi, dove lo strumento fu apprezzato e si dimostrò all’altezza dei suoi simili d’oltralpe, anzi brillò per il suo suono vivace e limpido. A un certo punto mi decisi a dare alla Viella una colorazione noce scuro e tre mani di gommalacca a spirito, con cui oggi si mostra al pubblico. Abbiamo avuto la gioia di presentare il documentario a Nicosia in una riunione pubblica presso il Municipio e ho suonato con la Viella alcuni brani tratti dal Laudario di Cortona proprio sotto la scultura del portale in un momento pieno di emozione e di suggestione. Oggi il nostro strumento si può vedere e ascoltare presso la Casa della Musica e della Liuteria di Randazzo, (www.secolibui.com) aperta tutti i giorni dalle 11 alle 17. Per prenotare le visite tel.349 4001357. Contatti: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it..

Oppure direttamente guarda il VIDEO:

https://www.youtube.com/watch?v=j-0hmHv9loQ&t=2s

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